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Davide aspettò Geova

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Forse a motivo della tua fede
vieni preso in giro
o magari perseguitato.
O forse ti senti in trappola
perché vivi una situazione
in cui c’è poco o nulla che tu possa fare
per migliorare le cose.
Se è così, sappi che non sei il solo.
La Bibbia ci dice che anche Davide
visse in prima persona tutto questo,
e proprio Davide ci dice come si comportò.
Le sue parole si trovano in Salmo 62:5
dove si legge: “Aspetto Dio in silenzio”.
Alcuni studiosi ritengono
che Davide avesse 15 anni
quando venne unto re.
Se è così, dovette aspettare 22 anni
prima di diventare re su tutto Israele.
Per buona parte di quel periodo
il re Saul gli diede la caccia
con l’intento di ucciderlo.
Di conseguenza,
Davide dovette vivere da fuggiasco,
rifugiandosi a volte
in caverne nel deserto,
altre volte in un paese straniero
circondato dai nemici di Israele.
Davide imparò a essere paziente,
capì l’importanza di aspettare Geova.
Analizziamo 3 episodi che si verificarono
in quegli anni della sua vita.
Il primo accadde nel deserto di En-Ghedi,
territorio di impervie montagne,
costellate di ampie caverne.
Il re Saul,
divorato dall’invidia e dall’odio,
stava braccando Davide
perché voleva ucciderlo.
Davide e i suoi uomini si nascondevano
in un’enorme caverna.
Quello era un posto
tutt’altro che confortevole,
e la loro non era certo
una vita di sfarzi.
Dovevano procurarsi cibo,
acqua, legna da ardere
e soprattutto tenersi alla larga
da chi li voleva morti.
Ma poi, del tutto inaspettata,
si presentò una situazione sorprendente.
Leggiamo il racconto.
Aprite la vostra Bibbia in 1 Samuele 24.
Inizieremo dal versetto 2.
Vi do un attimo così potete trovarlo.
1 Samuele 24,
iniziamo la lettura dal versetto 2.
“Perciò Saul prese 3.000 uomini
scelti da tutto Israele
e andò a cercare Davide e i suoi uomini
su per i dirupi delle capre di montagna.
Raggiunse così i recinti di pietra
per le pecore lungo la strada.
Lì c’era una caverna,
e Saul vi entrò per fare i suoi bisogni;
in fondo alla caverna
stavano seduti Davide e i suoi uomini.
Questi ultimi dissero a Davide:
‘Oggi è il giorno in cui Geova ti dice:
“Ecco, ti do in mano il tuo nemico;
puoi fargli
quello che ti sembra giusto”’”.
3.000 uomini,
tutti soldati scelti e ben addestrati
erano sulle tracce di Davide.
Riuscite a immaginare la sorpresa
di Davide e dei suoi uomini
quando videro Saul,
solo e senza protezione,
entrare proprio nella caverna
dove si nascondevano?
Saul veniva dall’esterno,
quindi quando entrò nella caverna
i suoi occhi non erano abituati al buio,
e non si accorse
che c’erano degli uomini dentro.
I loro occhi, invece,
erano già abituati a quell’oscurità,
perciò non fecero fatica a riconoscerlo
mentre si addentrava nella caverna.
Saul in questo momento era indifeso,
un uomo indifeso e vulnerabile.
Davide doveva sbarazzarsi di lui?
I suoi uomini gli suggerirono
di fare proprio questo.
Gli sussurrarono che Geova
glielo stava consegnando nelle mani!
Dopotutto, era volontà di Dio
che Davide diventasse re al posto di Saul.
E poi c’erano un sacco di buone ragioni
per ucciderlo.
Saul ormai era fuori controllo,
aveva ucciso i sacerdoti di Nob
e anche il resto degli abitanti,
uomini, donne, bambini, animali.
Tutto solo perché il sommo sacerdote,
Ahimelec,
aveva dato a Davide del pane
per i suoi uomini affamati.
Cosa avrebbe significato per Davide
uccidere Saul?
La libertà,
la fine di quella vita da fuggiasco.
Niente più nascondigli e caverne,
sarebbe subito diventato re.
Sicuramente questi pensieri
gli saranno passati per la mente.
Ma che cosa fece?
Voi cosa avreste fatto?
Continuiamo la lettura.
1 Samuele 24:4.
“Davide si alzò e, senza farsi scoprire,
tagliò il lembo
del manto senza maniche di Saul.
Poi però sentì che il cuore lo condannava
per aver tagliato il lembo
del manto di Saul.
Così disse ai suoi uomini:
‘Dal punto di vista di Geova
è inconcepibile che io faccia
una cosa del genere al mio signore,
l’unto di Geova,
e che la mia mano lo colpisca,
perché è l’unto di Geova’.
Con queste parole
Davide trattenne i suoi uomini
e non permise loro di assalire Saul.
Quanto a Saul, uscì dalla caverna
e proseguì per la sua strada”.
Davide non ascoltò i suoi uomini,
anzi sfruttò la situazione per dimostrare
che lui non era un ribelle
e che non era in cerca di vendetta
per il trattamento ingiusto e crudele
che Saul gli stava riservando.
Per riuscirci
ebbe bisogno di autocontrollo,
ma anche di fede, fede nel fatto
che Geova avrebbe sistemato le cose
nei suoi tempi e nei suoi modi.
Davide ne era convinto.
Questo emerge non solo
da quello che poi disse a Saul,
ma anche da quello che scrisse
nel Salmo 57.
Al versetto 3 di questo salmo si legge:
“[Geova] manderà aiuto dal cielo
e mi salverà.
Vanificherà i tentativi
di chi vuole divorarmi”.
Ammettiamolo, potrebbe non essere
sempre facile avere pazienza,
specialmente
quando si soffre ingiustamente.
Spesso possiamo fare ben poco
per cambiare le cose,
ma che dire se ci si presentasse
una comoda scorciatoia?
Dovremmo imitare Davide,
che innanzitutto
considerò il punto di vista di Geova.
Certe volte è giusto agire,
ma altre volte è molto meglio aspettare
che sia Geova a intervenire
quando ritiene opportuno.
Leggiamo cosa accadde
dopo che Saul uscì dalla caverna.
Riprendiamo da 1 Samuele 24:8.
24:8.
“Poi Davide venne fuori dalla caverna
e gridò a Saul: ‘Mio signore il re!’
[Davide?]
Quando Saul si girò,
Davide si inginocchiò con il viso a terra
e gli disse:
‘Perché ascolti quelli che ti dicono:
“Davide cerca di farti del male”?
Oggi hai visto con i tuoi propri occhi
che Geova ti aveva consegnato
nelle mie mani mentre eri nella caverna.
E qualcuno mi aveva detto di ucciderti,
ma io ho avuto pietà di te e ho detto:
“La mia mano non colpirà il mio signore,
perché è l’unto di Geova”.
Guarda, padre mio,
guarda il lembo del tuo manto
senza maniche nella mia mano!
Quando ho tagliato il lembo del tuo manto
non ti ho ucciso.
Ora puoi vedere e renderti conto
che non ho intenzione di farti del male
o di ribellarmi
e che non ho peccato contro di te.
Tu invece mi dai la caccia
per togliermi la vita.
Sia Geova a giudicare tra me e te,
e sia Geova a vendicarmi
per quello che mi hai fatto;
ma la mia mano non ti colpirà.
Come dice l’antico proverbio,
“dai malvagi viene la malvagità”;
ma la mia mano non ti colpirà.
Contro chi è uscito il re d’Israele?
Chi sta inseguendo?
Un cane morto?
Una semplice pulce?
Sia Geova il giudice!
Lui giudicherà fra me e te;
valuterà le cose e sosterrà la mia causa;
mi giudicherà
e mi libererà dalla tua mano’”.
Mostrando autocontrollo,
Davide riuscì a smentire chi diceva a Saul
che lui cercava di fargli del male.
Avrebbe potuto colpirlo,
ma non l’aveva fatto.
E poi per 2 volte gli disse
che sarebbe stato Geova
a giudicare fra loro.
Anche se Saul gli stava dando la caccia
senza motivo,
Davide non lo insultò.
Quando gli disse che avrebbe aspettato
che fosse Geova a sistemare le cose,
gli parlò con rispetto e mostrò umiltà.
Che bell’insegnamento fu questo
per tutti quelli
che vennero a sapere dell’accaduto!
Quando seppe
che Davide gli aveva risparmiato la vita,
Saul ne rimase molto colpito e gli gridò:
“Geova ti ricompenserà
per quello che oggi hai fatto a me. […]
Sono certo che tu sarai re
e che il regno d’Israele resterà
stabilmente nelle tue mani”.
L’apostolo Paolo forse
aveva in mente questo avvenimento
quando, secoli dopo, scrisse ai romani:
“Miei cari, non vendicatevi,
[continuate] a vincere il male
con il bene”.
A volte le nostre azioni
e le nostre parole
hanno un effetto positivo
su chi ci fa opposizione.
Saul fu profondamente toccato
dalla misericordia di Davide.
Significa questo
che non cercò più di ucciderlo?
Lo vedremo più avanti.
C’è da dire comunque
che a causa dell’imperfezione
a volte facciamo tutti fatica
a mostrare pazienza.
Davide lo sperimentò di persona.
In un’occasione si arrabbiò così tanto
che fu sul punto di fare una cosa
che avrebbe avuto conseguenze terribili.
Seguitemi.
Siamo sempre in 1 Samuele,
ma questa volta al capitolo 25
dal versetto 1.
1 Samuele 25 dal versetto 1 in poi.
“Avvenne poi che Samuele morì
e tutto Israele si radunò per piangerlo
e seppellirlo presso la sua casa, a Rama.
Quindi Davide partì
e scese verso il deserto di Paran.
Ora a Maon viveva un uomo molto ricco,
che aveva la propria attività a Carmel;
aveva 3.000 pecore e 1.000 capre,
e in quel periodo si trovava a Carmel
per tosare le pecore.
Il suo nome era Nabal,
e sua moglie si chiamava Abigail.
Lei era saggia e bella, ma suo marito,
che era un calebita, era rude e malvagio.
Nel deserto Davide venne a sapere
che Nabal stava tosando le pecore.
Così mandò 10 uomini da lui
con queste istruzioni:
‘Salite a Carmel,
e quando arrivate da Nabal
chiedetegli a nome mio come sta.
Poi ditegli: “Pace a te, alla tua casa
e a tutto quello che ti appartiene!
Ho sentito
che sei impegnato nella tosatura.
Quando i tuoi pastori sono stati con noi,
non abbiamo fatto loro niente di male,
e per tutto il tempo
che sono stati a Carmel
non è stato loro sottratto nulla.
Chiedi pure ai tuoi uomini
e te lo diranno.
Possano i miei uomini
incontrare il tuo favore,
perché siamo venuti
in un’occasione gioiosa.
Ti prego, dà ai tuoi servitori
e a tuo figlio Davide
qualunque cosa tu abbia da offrire”’.
Gli uomini andarono dunque da Nabal
e gli dissero tutte queste cose
a nome di Davide.
Quando ebbero finito, Nabal rispose loro:
‘Chi è Davide, e chi è il figlio di Iesse?
Al giorno d’oggi sono tanti i servitori
che scappano via dai loro padroni.
E io dovrei prendere il mio pane,
la mia acqua
e la carne che ho macellato
per i miei tosatori
e darli a gente
che viene da chissà dove?’”
La tosatura delle pecore
era un’occasione gioiosa,
un periodo di festa,
e Nabal aveva buoni motivi
per essere contento.
Aveva tantissime pecore
e gli uomini di Davide avevano protetto
le sue greggi da bande di predoni.
Ci si sarebbe aspettati
che Nabal in cambio
mostrasse un briciolo di gratitudine
e di generosità.
E invece quando gli uomini di Davide
chiesero educatamente del cibo,
Nabal non solo si rifiutò,
ma urlò loro degli insulti.
Vediamo come reagì Davide.
Riprendiamo la nostra lettura
del capitolo 25,
ripartiamo dal versetto 12.
“A quelle parole, gli uomini di Davide
fecero ritorno e gli riferirono tutto.
Davide disse immediatamente ai suoi:
‘Cingete tutti la spada!’
Tutti cinsero dunque la spada,
e anche Davide cinse la sua;
400 circa partirono con Davide,
mentre 200 rimasero con i bagagli.
Nel frattempo, un servitore riferì la cosa
ad Abigail, moglie di Nabal, dicendo:
‘Ecco, Davide ha mandato messaggeri
dal deserto a salutare il nostro padrone,
ma lui ha urlato loro degli insulti’.
[Oh, no!]
‘Quegli uomini
erano stati molto buoni con noi.
Per tutto il tempo
che siamo stati nei campi con loro
non ci hanno mai fatto niente di male,
e non ci è stato sottratto nulla.
Sono stati come un muro difensivo
intorno a noi, di notte e di giorno,
per tutto il tempo che ci siamo trovati
con loro a pascere il gregge.
Ora pensa a cosa fare,
perché sul nostro padrone
e su tutta la sua casa
sta per abbattersi il disastro
[No!]
e lui è un tale buono a nulla
che non gli si può parlare’.
Allora Abigail prese in fretta
200 pagnotte, 2 grosse giare di vino,
5 pecore pronte da cucinare,
5 sea di grano arrostito,
100 schiacciate d’uva passa
e 200 schiacciate di fichi secchi
[Ecco!]
e caricò il tutto sugli asini.
[Anche questi.]
Poi disse ai servitori:
‘Voi andate avanti, e io vi seguo’.
A suo marito Nabal, però, non disse nulla.
Mentre Abigail, in groppa al suo asino,
scendeva nascosta dal monte,
Davide e i suoi uomini venivano
nella sua direzione,
e così lei li incontrò.
Davide stava dicendo:
‘Non è servito a niente
che io abbia protetto
tutto ciò che appartiene
a questo individuo nel deserto.
Non gli è sparito nulla,
e lui mi ripaga il bene con il male.
Dio faccia lo stesso
e persino peggio ai nemici di Davide,
se permetterò che domattina anche uno solo
dei suoi uomini sia ancora vivo’”.
Quando gli venne riferita
la risposta di Nabal,
Davide andò su tutte le furie.
Immediatamente e senza consultare Geova,
comandò ai suoi uomini
di cingere la spada.
Poi insieme partirono
con l’intenzione di sterminare
tutti i maschi della casa di Nabal.
Che grave errore!
È vero che Nabal era un uomo meschino,
ma è anche vero
che Davide non poteva vantare
alcun diritto sui beni di quell’uomo.
Meritava un compenso,
ma non poteva pretenderlo,
e soprattutto non aveva alcun motivo
per uccidere un suo fratello israelita
e tutta quanta la sua casa.
Comunque, nel frattempo
un servitore di Nabal intuì
il disastro incombente
ed ebbe il coraggio di riferire l’accaduto
alla moglie di Nabal,
che si chiamava Abigail.
Non ci provò nemmeno
ad andare da Nabal,
tanto quello
non avrebbe neanche ascoltato.
Abigail sì.
Lei infatti era una donna di discernimento
e che amava Geova.
Non sappiamo molto del suo passato,
ma la vita con Nabal
deve essere stata terribile per lei.
Quell’uomo era rude, ingrato e arrogante.
Forse Abigail si era ritrovata intrappolata
in un matrimonio combinato.
“In lui c’è stupidità”,
disse più avanti a Davide.
Una donna spirituale come lei
non avrebbe mai detto una cosa del genere,
a meno che suo marito
non le avesse fatto perdere
anche l’ultimo briciolo di amore
e rispetto che aveva per lui.
Abigail ascoltò il servitore
e capì che bisognava fare qualcosa
immediatamente.
Ma cosa?
Avrebbe dovuto parlare con Nabal?
No, con lui non si poteva ragionare.
Avrebbe dovuto fuggire?
Se Davide fosse stato come Nabal,
Abigail avrebbe fatto bene a scappare.
Ma lei sapeva che Davide era un uomo
ragionevole che amava Geova.
Senza perdere tempo,
preparò delle provviste di cibo
e gli andò incontro.
Leggiamo il racconto.
1 Samuele 25 dal versetto 23 in poi.
“Quando scorse Davide,
Abigail scese in fretta dall’asino
e si inginocchiò con il viso a terra
davanti a lui.
Poi, buttandosi ai suoi piedi, disse:
‘Mio signore,
che la colpa ricada su di me;
lascia che io, la tua serva, ti parli,
e ascolta le parole della tua serva.
Ti prego, mio signore, non fare caso
a quel buono a nulla di Nabal,
perché è proprio degno
del nome che porta:
Nabal è il suo nome,
e in lui c’è stupidità.
Ma io, la tua serva,
non avevo visto gli uomini
che tu, mio signore, avevi mandato.
Ora, mio signore,
com’è vero che Geova vive e che tu vivi,
è stato Geova
a impedirti di spargere sangue
e di vendicarti con la tua propria mano.
Possano i tuoi nemici e quelli
che vogliono il tuo male, mio signore,
essere come Nabal!
E questo dono
che la tua serva ti ha portato
venga dato agli uomini al tuo seguito,
mio signore.
Perdona, ti prego,
la colpa della tua schiava.
Geova sicuramente
ti edificherà una casa duratura,
perché tu, mio signore,
combatti le guerre di Geova,
e in te non è stata trovata
malvagità alcuna in tutti i tuoi giorni.
Quando si presenterà qualcuno
che ti inseguirà per ucciderti,
mio signore,
la tua vita sarà tenuta al sicuro
nella borsa della vita
presso Geova tuo Dio;
la vita dei tuoi nemici, invece,
egli la scaglierà lontano
come si lancia una pietra con la fionda.
E quando Geova avrà fatto a te,
mio signore,
tutto il bene che ha promesso
e ti avrà costituito capo d’Israele,
non avrai nel tuo cuore il rimorso
o il rimpianto
di aver sparso sangue
senza motivo
e di aver lasciato
che la tua mano si vendicasse.
Quando Geova riverserà il bene su di te,
mio signore,
ricordati della tua schiava’”.
Quelle che Abigail rivolse a Davide
furono le parole di una donna saggia
e spirituale.
Il suo atteggiamento fu umile
e profondamente rispettoso,
ma il messaggio era chiaro.
Disse che era stato Geova
a mandarla da lui
per impedire
che spargesse sangue senza motivo,
che si vendicasse
e che facesse qualcosa per cui poi
avrebbe provato rimpianto o rimorso,
qualcosa di cui si sarebbe pentito
per tutto il resto della vita.
Abigail ricordò a Davide
queste importanti verità:
primo, sarebbe stato Geova
a correggere il torto,
e secondo,
Davide non doveva vendicarsi da solo.
Il suo appello
sembra riecheggiare le parole
che Davide aveva pronunciato
nel deserto di En-Ghedi.
Forse era venuta a sapere di come Davide
aveva risparmiato Saul nella caverna.
Il messaggio di Abigail?
“Devi essere paziente,
lascia che sia Geova a sistemare la cosa
nei suoi modi e nei suoi tempi”.
E la reazione di Davide quale fu?
Il racconto continua.
1 Samuele 25:32.
“Allora Davide disse ad Abigail:
‘Sia benedetto Geova, l’Iddio d’Israele,
che oggi ti ha mandato incontro a me!
E sia benedetto il tuo buon senso!
Sia tu benedetta per avermi trattenuto
oggi dal versare sangue
e dal vendicarmi con le mie stesse mani!
Altrimenti — com’è vero che vive Geova,
l’Iddio d’Israele,
che mi ha impedito di farti del male —
se non ti fossi affrettata
a venirmi incontro,
nemmeno uno degli uomini di Nabal
sarebbe stato ancora vivo domattina’.
Dopodiché Davide accettò le cose
che lei gli aveva portato e le disse:
‘Sali a casa tua in pace.
Vedi, ti ho ascoltato,
ed esaudirò la tua richiesta’”.
Davide ascoltò.
In una società in cui gli uomini
non davano grande peso
al parere delle donne,
questo è degno di nota.
Davide ascoltò, comprese,
accettò e cambiò idea sul da farsi.
Forse i suoi uomini
erano già pronti a combattere
e a saccheggiare i beni di Nabal,
ma lui li trattenne.
Come Davide, anche noi
potremmo imboccare una strada
che non ci porterebbe a niente di buono
e, come Davide,
anche noi dovremmo ascoltare
chi cerca di riportarci
sulla strada giusta.
“Dopo una decina di giorni
Geova colpì Nabal, e lui morì”.
Poco tempo dopo,
Abigail diventò moglie di Davide.
Torniamo ora a Saul.
Anche se era rimasto molto colpito
da quello che era successo a En-Ghedi,
poi non aveva smesso di braccare Davide.
In questa occasione Davide e i suoi uomini
erano nel deserto di Zif.
Per la seconda volta
Davide venne tradito dagli uomini di Zif,
gente della sua stessa tribù.
Leggiamo il brano.
1 Samuele 26 dal versetto 2 in poi.
“Così Saul partì
e andò a cercare Davide nel deserto di Zif
con 3.000 uomini scelti d’Israele.
Si accampò sul colle di Achila,
di fronte a Gesimon, presso la strada.
Davide,
che a quel tempo viveva nel deserto,
fu informato che Saul era venuto
nel deserto a cercarlo.
Mandò dunque delle spie
che gli confermassero
che Saul era arrivato.
Più tardi andò nel luogo
dove Saul si era accampato,
e vide il punto
in cui dormivano lui e Abner,
figlio di Ner, capo del suo esercito.
Saul dormiva
dentro il perimetro dell’accampamento,
con i soldati tutt’intorno a lui.
Quindi Davide chiese ad Ahimelec l’ittita
e ad Abisai,
figlio di Zeruia, fratello di Gioab:
‘Chi vuole venire con me
nell’accampamento da Saul?’
Abisai rispose: ‘Vengo io con te’.
Così Davide e Abisai raggiunsero
di notte l’esercito nemico.
Saul dormiva nell’accampamento
con la lancia piantata nel terreno
vicino alla testa,
e Abner e i soldati dormivano
tutt’intorno a lui.
Allora Abisai disse a Davide:
‘Oggi Dio ha consegnato il tuo nemico
nelle tue mani.
Adesso ti prego, permettimi
di inchiodarlo a terra con la lancia;
mi basterà un colpo solo,
non ne serviranno due’”.
Nella caverna
Saul era andato verso Davide,
ma questa volta
è Davide ad andare verso Saul.
Con lui c’è suo nipote Abisai,
un coraggioso guerriero.
Illuminati solo dal chiarore della luna,
i due si muovono furtivi
tra le truppe addormentate,
fino al punto in cui Saul sta dormendo.
Per la seconda volta
Davide ha Saul in pugno.
Abisai si offre di inchiodarlo a terra
con la lancia.
Gli sembra la cosa più logica da fare,
visto che Saul ha cercato
con così tanto accanimento di ucciderli.
Davide non deve fare niente,
anzi più avanti potrebbe dire
che è stato Abisai a fare tutto.
Cosa farà Davide?
Sfrutterà l’occasione
per sbarazzarsi del suo nemico?
Vediamolo insieme.
Continuiamo la nostra lettura
da 1 Samuele 26:9.
“Ma Davide replicò ad Abisai:
‘Non fargli del male.
Chi può toccare l’unto di Geova
e rimanere innocente?’
E proseguì:
‘Com’è vero che Geova vive,
sarà Geova stesso a colpirlo,
oppure verrà il suo giorno e morirà,
o forse uscirà in battaglia e sarà ucciso.
Dal punto di vista di Geova
è inconcepibile
che io tocchi l’unto di Geova!
Perciò ti prego, ora prendi la lancia
che è vicino alla sua testa
e la brocca dell’acqua,
e andiamocene’.
Davide prese dunque la lancia
e la brocca dell’acqua
accanto alla testa di Saul,
e se ne andarono.
Nessuno li vide o li notò
e nessuno si svegliò;
erano tutti addormentati,
perché Geova li aveva fatti cadere
in un sonno profondo”.
Davide non si ingannò
pensando che sarebbe stato accettabile
che Abisai colpisse Saul a morte.
Sapeva che Saul
avrebbe fatto i conti con Geova.
Ancora una volta, aspettò che fosse Geova
a correggere la situazione.
Mise in conto che in futuro Geova
avrebbe potuto intervenire in suo favore.
Sussurrò infatti ad Abisai
che Saul sarebbe potuto morire
in battaglia.
E circa un anno dopo
accadde proprio questo.
Per Davide la vita non fu facile
durante gli anni che visse da fuggiasco.
Ma non si spazientì
prendendosela con Geova.
E fece tutto quello
che le circostanze gli permettevano.
Ad esempio,
nel periodo in cui visse tra i filistei,
sfruttò l’occasione
per proteggere il suo popolo
combattendo contro i nemici d’Israele.
Anche noi quando affrontiamo difficoltà
possiamo trarre il meglio
dalle nostre circostanze
facendo quello che possiamo,
con la certezza
che Geova ci recherà sollievo
nel momento migliore possibile.
Alla fine Davide diventò re
e regnò per 40 anni.
Quando ormai era in età avanzata,
compose il Salmo 37.
Probabilmente
quando scrisse questo salmo
aveva in mente i 3 episodi
di cui abbiamo parlato.
Menzionò infatti la pazienza,
la necessità di aspettare Geova
con fiducia
e il sicuro adempimento
delle sue promesse.
Questo salmo contiene sia consigli
che parole di incoraggiamento.
Per concludere,
leggiamole queste parole ispirate.
Prendiamo insieme Salmo 37:1-7.
Vi do il tempo di trovarlo.
Salmo 37:1-7:
“Non indignarti a causa dei malvagi,
e non essere invidioso di chi fa il male.
Si seccheranno rapidamente come erba,
e come erbetta verde appassiranno.
Confida in Geova e fa’ il bene;
risiedi sulla terra e agisci con fedeltà.
La più grande delle tue gioie
sia in Geova,
ed egli ti concederà
quel che il tuo cuore desidera.
Affida a Geova il tuo cammino;
confida in lui,
ed egli agirà in tuo favore”.
E aggiunge: “Farà risplendere
la tua giustizia come la luce del mattino,
e il tuo diritto
come il sole a mezzogiorno.
Attendi Geova in silenzio;
aspettalo [dice Davide, aspettalo]
fiducioso”.