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Peter Price. Siete pronti ad abbeverare il gregge? | Conferimento dei diplomi della 158ª classe di Galaad

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Nei mesi appena trascorsi
avete ricevuto un addestramento
che vi ha permesso
di avvicinarvi di più a Geova
e di comprendere
ancora più a fondo le sue qualità.
Ma questo addestramento
non ha solo rafforzato la vostra fede,
ha preparato tutti voi
per servire gli altri
in modo efficace e amorevole.
E c’è un episodio nella vita di Mosè
che ce lo fa capire molto bene.
Non si tratta
dell’attraversamento del Mar Rosso
o dell’eclatante momento
in cui lui ricevette la Legge di Dio
sul Monte Sinai.
In realtà avvenne presso un pozzo, in Madian,
dove un uomo in un luogo a lui sconosciuto
prese una semplice ma potente decisione
per servire gli altri.
Per favore, aprite la vostra Bibbia
in Esodo al capitolo 2
e immaginiamoci la scena.
Abbiamo detto Esodo capitolo 2.
In questo momento Mosè è in crisi.
Aveva appena difeso un compagno israelita
uccidendo un egiziano
che aveva trattato male quell’uomo.
E con questa azione
Mosè mandò un messaggio chiaro.
Lui non era un egiziano,
apparteneva al popolo di Dio.
Il giorno seguente,
quando Mosè cercò di mettere pace
tra 2 israeliti che stavano discutendo,
uno dei 2 uomini lo sfidò.
Leggiamolo nel versetto 14, Esodo 2:14.
L’uomo disse:
“Chi ti ha nominato principe
e giudice su di noi?
Vuoi uccidere anche me
come hai ucciso l’egiziano?”
Questo cambiò tutto.
Il versetto continua dicendo
che “Mosè ebbe paura”,
perché capì che quello che aveva fatto
ora non era più un segreto.
Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Leggiamolo nel versetto 15:
“In seguito il faraone venne a sapere
dell’accaduto e cercò di uccidere Mosè,
ma lui fuggì via dal faraone
e andò a vivere nel paese di Madian;
arrivato lì, si sedette vicino a un pozzo”.
Quindi il faraone,
che una volta aveva accolto Mosè
nella famiglia reale,
venne a sapere dell’omicidio,
ma invece di proteggere Mosè,
lo voleva morto.
Così Mosè scappò per salvarsi.
Proviamo a immaginarci la scena.
Mosè sporco, esausto,
emotivamente sfibrato
dopo lunghi giorni di cammino
in un territorio ostile,
senza un titolo, senza una posizione.
Un uomo vicino a un pozzo,
solo con i suoi pensieri.
Avrà ripercorso tutti gli eventi
che lo avevano portato lì.
È “ansia” la parola che sicuramente
descrive bene il suo stato d’animo.
Ma non rimase solo a lungo.
Notate i versetti 16 e 17:
“Ora il sacerdote di Madian
aveva sette figlie,
le quali vennero ad attingere l’acqua
e a riempire gli abbeveratoi
per il gregge del padre.
Ma, come al solito,
arrivarono i pastori e le scacciarono.
Mosè allora si alzò e aiutò le donne,
e abbeverò il loro gregge”.
Il versetto dice “come al solito”.
Queste parole fanno capire
che non era una novità.
Le donne sapevano
che sarebbero state maltrattate dai pastori,
ma questa volta c’era Mosè.
E lui fece qualcosa.
Lui non si disse cose del tipo:
“Beh, non è un mio problema”.
O non ripensò a quello che era successo
poco tempo prima dicendosi:
“Davvero, sta succedendo di nuovo?
Questa volta non mi intrometto”.
No, lui si alzò, aiutò le donne
e abbeverò il loro gregge.
Il racconto non indica in alcun modo
se Mosè si presentò
o se spiegò tutta la sua storia.
Lui era semplicemente uno straniero
che passava di lì.
Vediamo come lo descrivono le donne
nei versetti da 18 a 20:
“Quando queste tornarono a casa
da Reuel loro padre, lui esclamò:
‘Come mai siete tornate così presto oggi?’
Gli risposero:
‘Un egiziano ci ha difeso dai pastori,
e ci ha perfino attinto l’acqua
per abbeverare il gregge’.
Lui disse allora alle figlie: ‘Ma dov’è?
Come mai lo avete lasciato là?
Chiamatelo, perché mangi con noi’”.
Loro non conoscevano nemmeno il suo nome,
sapevano solo che era “un egiziano”.
E come capiamo dal versetto 21,
quel gesto amorevole offrì tante opportunità.
Una casa, una famiglia
e una nuova vita per Mosè.
Geova non abbandonò affatto Mosè.
No, lui vedeva un cuore volenteroso,
un uomo compassionevole
e pronto a servire gli altri
anche quando nessuno guardava.
Quelle qualità permisero a Mosè
di diventare l’uomo che guidò il popolo di Dio
con fede e coraggio.
Quindi, che cosa impariamo
che può tornarci utile nel nostro incarico?
Vediamo insieme 3 punti.
Il 1º,
siate sempre di incoraggiamento per gli altri.
Proprio come Mosè
che vide un bisogno e fece qualcosa.
Voi avete imparato
a guardare oltre la superficie.
Forse un fratello
è stranamente silenzioso o preoccupato,
o forse qualcuno ha difficoltà nel ministero.
Vi sono stati dati gli strumenti
per fare qualcosa.
Ricordare un versetto,
ascoltare attentamente,
pregare a favore dei fratelli e delle sorelle.
Questi sono modi che tutti noi abbiamo
per “abbeverare il gregge”.
Ricordate,
non si tratterà semplicemente di un incarico
o di un paese in cui servire.
Verrete assegnati a una famiglia spirituale
e il vostro esempio può rafforzarla.
Vediamo il 2º punto.
L’umiltà ci spinge a servire gli altri.
Vedete, Mosè non solo difese quelle donne,
ma abbeverò il loro gregge.
Lui fece di più di quello che ci si aspettava.
Compì uno di quei gesti altruistici
che genera fiducia negli altri.
E voi sorelle che siete in questa classe
avete fatto lo stesso,
non solo in questi mesi, ma per anni
avete mostrato coraggio e umiltà,
proprio come Mosè.
Alcune di voi si sono trasferite in paesi
dove c’è più bisogno,
avete imparato lingue complicate
o avete iniziato il vostro servizio alla Betel
come pendolari qualche giorno a settimana
per servire in una filiale
o in un ufficio di traduzione decentrato.
E spesso avete fatto questo
in circostanze difficili
e senza aspettarvi
assolutamente nulla in cambio.
Voi non avete servito per ricevere lodi,
per una posizione
o per la speranza
di venire un giorno qui a Galaad.
No, l’avete fatto perché amate Geova Dio
e perché amate i fratelli e le sorelle.
Questo servizio svolto con umiltà
non è passato inosservato.
Il vostro esempio silenzioso
ha incoraggiato altri,
altri fratelli e sorelle a servire con umiltà.
Questo modo di fare è prezioso per Geova.
E lo è anche
per la vostra famiglia spirituale.
Quindi continuate a servire gli altri
con lo stesso atteggiamento umile,
con profondo amore e con forte fede.
3º punto, serviamo gli altri
anche quando ci sentiamo deboli.
Ovviamente la situazione di Mosè
non era delle migliori
quando si trovava al pozzo.
Lui stava scappando per salvarsi la vita.
Non sapeva cosa fare,
non aveva nessuno
e non aveva idea
di quello che sarebbe successo.
Anche se si trovava in un momento di crisi,
scelse di servire gli altri.
Si alzò e abbeverò il gregge.
Questo è un punto importante,
perché potrebbero esserci dei momenti
nel nostro incarico in cui servire gli altri
potrebbe non essere facile.
Forse ci troveremo alle prese
con una nuova cultura,
una nuova lingua,
o forse dovremo ambientarci
in un nuovo reparto.
Potrebbe succedere
quando la nostra routine spirituale
viene stravolta
o quando ci sentiamo invisibili.
Magari veniamo fraintesi
o riceviamo un consiglio da un nostro pari.
Potrebbe avere la nostra età
o essere addirittura più giovane.
Oppure siamo emotivamente esausti,
ci manca la famiglia
o abbiamo un problema di salute.
In quei momenti, di sicuro
non siamo in vena di dare agli altri.
Ma l’esempio di Mosè ci ricorda
che servire gli altri quando siamo deboli
è comunque potente.
Geova non si aspetta la perfezione,
ma lui apprezza un cuore volenteroso,
specialmente
quando ci si sente inadeguati e deboli.
Quindi se l’incarico ci sembra pesante,
il tempismo sbagliato
o non ci vengono riconosciuti i meriti,
ricordiamoci 2 Corinti 12:10:
“Quando sono debole, allora sono potente”.
Proprio come Mosè al pozzo,
quello che facciamo spinti dall’umiltà
a favore degli altri diventa potente
quando riceviamo forza
dal nostro Padre, Geova.
Quindi cosa impariamo
dall’episodio di Mosè al pozzo,
specialmente voi che vi state preparando
per un nuovo incarico?
Lì Mosè non guidava una nazione,
non compiva miracoli.
Era semplicemente un uomo
in una situazione difficile
che scelse di servire gli altri.
Che scelta saggia!
D’ora in poi
ricordatevi di incoraggiare gli altri.
La vostra spiritualità
farà del bene a chi vi circonda.
Servite gli altri con umiltà
anche quando nessuno sta guardando,
perché saranno questi gesti
a fare la differenza.
Abbiate il desiderio di servire
anche quando siete deboli,
perché farlo in momenti difficili
è comunque potente.
C’è un versetto nella Parola di Dio
che descrive bene questo atteggiamento,
Galati 6:10.
Galati 6:10 dice:
“Finché ne abbiamo la possibilità, dunque,
facciamo del bene a tutti,
ma specialmente
a quelli che appartengono
alla nostra famiglia della fede”.
Tutti voi lo state già facendo da tempo.
State servendo gli altri,
specialmente la vostra famiglia spirituale.
E ora che avete frequentato
questa meravigliosa scuola
siete stati motivati
ancora di più a continuare.
Quindi quando si presenterà l’opportunità
e sarà inaspettata,
nessuno ci noterà
e magari sarà anche difficile,
sarete pronti ad abbeverare il gregge?
Ce la farete perché non sarete soli.
Geova vede e apprezza i vostri sforzi
e vi darà la forza
per continuare a servire gli altri,
proprio quando ne avrete più bisogno.